"Torna il
giorno dopo la notte, perché il giorno e la notte sono del Signore;
tornano le stagioni, perché le stagioni sono del Signore;
tornano gli uccelli, sotto ogni tempo, perché gli uccelli sono creature
del Signore e obbediscono senza chiedere:
Torni tu, o Signore ogni anno, quand’è Natale, perché ti sei
legato con vincolo di carità invincibile al nostro destino,
fino a diventare uno di noi, fino a prendere il posto di ognuno
di noi: il Natale è “il giorno delle nozze con l’uomo”.
Com’è bello questo motivo liturgico che ci aiuta a rivivere anche
il nostro dramma interiore, fatto di attese e di venute, di
smarrimenti e di ritrovamenti!
Esso rinnova i nostri respiri e rinverdisce le nostre speranze.
Se no, ci abitueremmo alla “presenza”, fino a non avvertirla più,
a confonderla con qualcuno che ci pesa sul cuore.
Invece ti perdo e ti ritrovo, m’allontano e t’invoco: t’aspetto e tu vieni.
Il Natale è un dramma che vive e che cresce:
esso è sempre il mio perderti e il tuo ritrovarmi.
La mia vita si svolge tra questi due momenti, come tra due poli
opposti: la mia povertà e la tua sovrabbondante misericordia.
Donde il mio sospiro e il mio grido: “Vieni Signore e non tardare”.
Ci vuole dell’incoscienza o della disperazione, tanta, per chiamarti ancora
quaggiù!
Chi di noi tornerebbe? Vi sono follie che non si possono commettere
che una volta sola, ma il ripeterle, ogni anno, ogni giorno,
ogni momento, questa è la storia di Gesù in ognuno e fuori dell’uomo.
Ma questo, appunto, è il significato del Natale, di quello liturgico e di
quello interiore.
Signore, più che il tuo rimanere, mi prende il cuore e me lo piega
è il tuo tornare.
Signore sto male: ma perché tu torni,
perché tu vuoi tornare anche in questo Natale,
il mio star male non è più lo star male di prima.
Signore, non ti domando nulla: mi basta la CERTEZZA che tu torni." --
Don Primo Mazzolari |